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Personaggi Viola

Started by Chiesa, 24/11/17, 01:39

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Chiesa

Andrea Ivan: "Quando Diego Della Valle era un babbo per tutti noi"

Inizia oggi una nuova rubrica di Violanews.com. Ogni giovedì vi racconteremo un protagonista, in campo o fuori, della storia viola

A Livorno lo chiamavano "l'angelo biondo", poi mise i suoi guantoni al servizio della Florentia Viola, così si chiamava nel 2002 la Fiorentina in incognito. Il quarantaquattrenne Andrea Ivan, adesso fa l'allenatore dei portieri e gestisce una scuola calcio insieme a Vincenzo Moccia nello Sporting Arno.

Come avvenne il contatto con la Fiorentina?
"Avevo appena vinto il campionato di C1 col Livorno ma si ruppe il rapporto lavorativo col presidente Spinelli. Capitò che Aldo Agroppi mi disse di aspettare a valutare altre offerte perché c'era la possibilità di andare alla Fiorentina e questo avvenne tramite Giovanni Galli, ma molto merito fu di Agroppi".

Come furono i primi giorni?
"Belli perché c'erano tutti i ragazzini giovani come Mugnaini, Galbiati, che avevano una voglia matta di rinascere con la Fiorentina. C'era anche il pensiero di dove si sarebbe andati a finire, perché era l'11 agosto e quindi non era così presto per costruire una squadra, ma Galli fece un grande lavoro ad andare a prendere giocatori per costruire quella squadra competitiva che vinse il campionato. Le difficoltà derivarono soprattutto dal costruire la squadra in ritardo, tanto che in Coppa Italia col Pisa si giocò coi ragazzini".

I Della Valle: Diego e Andrea erano presenti?
"Uno lo vedevo frequentemente, quasi tutti i giorni. Era Diego, anche se il presidente Salica era sempre presente. Diego c'era spesso agli allenamenti ma anche nei vari ritiri. Ci sono tanti aneddoti di quei giorni. Una volta ci portò a visitare la sua ditta a Casette d'Ete, dopo la partita col San Marino; andammo a cena fuori in una location bellissima, stando tutto il giorno con noi. Diego era anche scherzoso, a me diceva sempre: 'Ora metto anche te nelle foto con gli attori importanti', Diego era un babbo per tutti noi".

Un ricordo della C2?
"L'andata e il ritorno col Savona, in cui tra l'altro giocava Nappi; una caratterizzata dal vento e dal freddo, dura e maschia ma vinta e poi il ritorno perché fu la consacrazione matematica della promozione nella categoria superiore".

In Serie B, però, fu scelto come titolare Cejas.
"Gli accordi erano altri, però si sa che nel calcio le cose possono sempre cambiare. Proprio dopo la partita col Savona io volevo andare a operarmi al ginocchio ma Cavasin non volle. L'anno dopo il tecnico cambiò la sua idea, o forse la società dato che il nuovo direttore sportivo portò tanti nuovi giocatori. Non a caso una volta Della Valle chiese a Lucchesi: ma tutti questi giocatori devo pagarli io? Perché eravamo più di quaranta. Davanti Riganò era più che una garanzia, anche nel suo caso il merito fu di Giovanni Galli, di portarlo sì a Firenze ma in C2".

La mancata conferma in Serie A fu una sorpresa?
"Sapevo già a metà anno che me ne sarei andato perché non volevo più rimanere. Con l'arrivo di Lucchesi è finita la mia avventura a Firenze, così mi organizzai per cercare altre squadre".

Da fiorentino, che cosa auguri alla Fiorentina?
"Dico ai tifosi di avere pazienza, come è stato ai tempi della C2. Augurio a chi è nella Fiorentina di fare un bel lavoro e onorare la maglia al 100%".

Un giudizio su Sportiello?
"Secondo me è un ottimo portiere che non deve crescere più di tanto perché ha già dimostrato di poterci stare nella Fiorentina. Un buon acquisto, che dall'inizio del campionato ha subito cominciato a parare bene, a differenza di Neto o Tatarusanu. Alcune sue incertezze, come nelle uscite, possono dipendere anche da una sua scarsa fiducia in questo momento nei compagni di reparto".

Avevi iniziato come ginnasta, allenandoti a Sorgane con un certo Yuri Chechi, poi il passaggio al calcio. In questo periodo storico calcisticamente parlando pieno di figli d'arte come ad esempio Federico Chiesa, che cosa auguri al tuo piccolo Dimitry?
"Da lui mi aspetto che faccia quello che ho fatto io, cioè quello che gli piaccia. Io ho cominciato con la ginnastica perché mi piaceva fare le capriole poi, tramite uno zio, sono passato al calcio. Sotto questo aspetto, quindi, avrà carta bianca, poi se giocherà a calcio andrà benissimo, ma la cosa più importante è che studi".

Paolo Mugnai
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Socrates, il Dottore che non curò la Fiorentina e neanche se stesso

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Socrates

LA STORIA

Se la Fiorentina ha avuto tantissimi grandi giocatori nella propria storia, ce n'è stato qualcuno che si è posto sopra gli altri, magari non in campo, ma nella memoria comune, poiché, alle volte non serve segnare trenta gol a campionato per diventare indimenticabili. Uno di questi è, senza dubbio alcuno, Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, meglio noto come Sócrates, uno dei personaggi più controversi e singolari della storia del calcio mondiale, non solo viola. Che fosse un laureato in medicina è cosa nota a tutti, per questo fu soprannominato "il Dottore", ma che abbia creato la prima rivoluzione sociale all'intero di uno spogliatoio, forse, è molto meno diffusa. "Democratia Corinthiana", ovvero la democrazia prima di tutto, nello spogliatoio del Corinthias di cui Socrates era capitano, in un Brasile che si stava togliendo il pesante giogo della dittatura, e che userà il centrocampista di Belèm come portavoce della libertà e della democrazia. Arrivati alle elezioni del 1984, Socrates capì che la strada che avrebbe portato il Brasile alla fine della dittatura militare era ormai spianata, e decise di provare a vivere l'esperienza italiana, approdando per 5.3 miliardi di lire alla Fiorentina.

Era entusiasta di giocare in Italia, anche se la Serie A non fu affatto ospitale per lui, che segnò 9 gol in 33 presenze in viola, ma deluse ampiamente le aspettative, poiché non riuscì a far cambiare volto a quella squadra che arrivò nona in campionato e fu eliminata in semifinale di Coppa Italia, oltre alla pesante sconfitta contro l'Anderlecht ai sedicesimi di Coppa Uefa. Leggendola così potrebbe sembrare la classica storia del sudamericano svogliato, che decide di giocare in Italia più per moda, che per altro, ma Socrates era tutto fuor che quel tipo di giocatore, rivelò poi di aver scelto Firenze per l' eccellente scuola di Scienze Politiche, e di aver studiato tanto in riva all' Arno, ma che il personaggio fosse dei più controversi della storia del calcio lo si era già capito.

Ai mondiali '82, quelli di Bearzot e Pablito Rossi, segnò alla nazionale azzurra il gol dell' 1-1 nel memorabile Italia-Brasile 3-2, mostrandosi realmente immarcabile.  Si potrebbe parlare per ore di questo strepitoso centrocampista dai folti capelli riccioli ed una profonda passione per la filosofia, che si auto definiva "uomo di sinistra e anticapitalista", e che, come tanti brasiliani, aveva il brutto vizio di accompagnare i suoi studi a qualche bicchierino di troppo. Fu proprio la bottiglia a portarselo via, il 4 dicembre 2011, domenica 4 dicembre 2011, uno forte shock settico, ma lui fu fenomenale anche nel giorno più brutto. Nel 1983 aveva detto "Voglio morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthias vince il titolo", e se il giorno era quello della messa, vi lascio indovinare cosa successe al Corinthias, grazie ad un sofferto pareggio per 0-0 contro il Palmeiras...l'ultima diagnosi del Dottore.

ANEDDOTI E RACCONTI

Per raccontarvi questo personaggio così controverso, però, è meglio affidarsi alle parole di chi lo ha vissuto in prima persona, come Giovanni Galli, che ha recentemente raccontato un aneddoto sul Dottore:

Ero molto legato a lui, eravamo sempre insieme in camera quella stagione. Avevamo un rapporto di amicizia molto forte, una volta mia moglie mentre era incinta della nostra seconda figlia aveva la febbre, e lui mi chiamò dicendo che sarebbe venuto a visitarla. Passavano le ore, e alle 23.30 mia moglie voleva andare a letto, quindi io lo chiamai al telefono e lui mi disse di aspettare un attimo che sarebbe arrivato... mi suonò il campanello alle 2 di notte. La parte più bella però ancora non è arrivata, lui doveva ancora cenare, facemmo le 4 di mattina. Altra storia è nel sottopassaggio prima di Italia-Brasile del Mondiale '82, Falcao andò da Socrates dicendo che ci avrebbero dovuto lasciar giocare, tanto non eravamo capaci di attaccare e lui rispose "Noi siamo il Brasile" e chiuse il discorso, menomale perchè facemmo tre gol in contropiede.

Anche Giorgio Porrà, giornalista di Sky Sport, ha raccontato al Festival del calcio una sua storia su Socrates:

Ho avuto la fortuna di girare un reportage con lui in Brasile. Mi raccontava che a Firenze soffriva veramente tanto la nostalgia di casa, andava sempre a piangere al Piazzale Michelangelo. Aveva legato molto con Antognoni, ma con il resto della squadra non mi sembra ci fosse un grande feeling, poi lui ci ha messo del suo. Il Socrates verò però a Firenze non l'abbiamo mai visto.

Per finire abbiamo fatto anche una chiacchierata con Eraldo Pecci, che con Socrates ha condiviso lo spogliatoio della Fiorentina.

Quella stagione sportiva non fu bellissima, Magrao (soprannome di Socrates, il magro) arrivò che era già in età avanzata, noi vecchi abbiamo giocato un campionato non eccezionale e questo non l'ha aiutato, ma lui non ha aiutato noi. Dal punto di vista umano ho trovato una persona estremamente intelligente, sensibile ed un buon amico. Con lui giocavo a scacchi, a carte e parlavamo spesso, poi alcune cose di spogliatoio è meglio lasciarle lì. Il nostro era uno spogliatoio spaccato? Beh, lo avremmo dovuto chiedere ai muratori. Diciamo che in assoluto argentini e brasiliani non si amano, ma io non notai nulla.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Nakata, il 10 della rifondazione: flop in campo, meraviglioso fuori

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Nakata

LA STORIA

Ci sono alcuni giocatori che hanno un fascino particolare, c'è poco da dire, attirano su se stessi gli sguardi di tutti, si muovono ad un ritmo diverso e nel bene o nel male rimangono nella memoria di tutti. Uno di questi è sicuramente Hidetoshi Nakata, ovvero il Beckham del Sol Levante, e già questo soprannome fa capire tanto della personalità del giocatore, in campo ma soprattutto fuori.  Classe '77 parte dalla J League, il massimo campionato del Giappone, per poi girovagare per l'Italia, mettendo in mostra le sue qualità nel Parma, con il quale vincerà una Coppa Italia, nella Roma,dove sarà un protagonista dello scudetto, Perugia, Bologna e Fiorentina. Arriva sulle rive dell' Arno nel 2004, l'allora ds Fabrizio Lucchesi lo indica come 10 per la rifondazione viola, appena tornata in Serie A e lo preleva dal Bologna, facendolo diventare di fatto il primo grande acquisto della gestione Della Valle, anche se Hidetoshi non ripagherà mai la fiducia della Fiorentina. Collezionerà 24 presenze, zero gol e tanta panchina, iniziando a sancire, di fatto, il declino della propria carriera, che vedrà solo poche altre tappe. Chi frequentava lo stadio Franchi all' epoca, però, non può dimenticare la presenza fissa di una falange di tifosi nipponici, sempre presenti per sostenere il loro beniamino, che spesso giocava solo una manciata di minuti, ma tanto bastava per infiammare i cuori e giustificare il freddo delle gradinate. Perché Nakata, specialmente in patria, è stato un idolo, prima che un grande calciatore, appassionato di moda e letteratura, eccentrico e sempre seguito dalla sua gente. Il più grande attestato di stima lo ha ricevuto il giorno del suo addio al calcio, arrivato inspiegabilmente a soli 29 anni, quando per lui, a Yokohama  63 mila persone si sono radunate per la partita celebrativa. Dopo il calcio Hidetoshi ha iniziato una nuova vita, come modello per esempio, diventando il più richiesto nel mercato orientale, poi come ambasciatore del sakè (liquore tipico giapponese) nel mondo. A Firenze in campo non ha illuminato, ma la sua professionalità e la dedizione al lavoro, unite all' esoticità di un numero 10 giapponese lo hanno reso sicuramente indimenticabile.

ANEDDOTI E RACCONTI

Per farci raccontare Nakata, abbiamo deciso di parlare subito con colui che lo ha prelevato dal Bologna, ovvero Fabrizio Lucchesi, l'allora ds viola,  che ci ha raccontato in esclusiva un retroscena davvero interessatane.

Avevo lavorato con Nakata alla Roma, ne  avevo scoperto oltre alla buone qualità da atleta, delle grandi qualità umane.  Alla Roma ci diede una grande mano con il famoso gol contro la Juventus. Quando arrivai a Firenze avevamo bisogno di migliorarci sotto l'aspetto della qualità e serviva un giocatore che portasse esperienza, in quel momento era il prospetto giusto e ci dette una mano con il suo modo di fare, non era mai sopra le righe.  Stavamo preparando una nuova Fiorentina e un prospetto internazionale e conosciuto in tutto il mondo ci dava un grande risalto che era quello di cui avevamo bisogno per rilanciarci. Vi racconto un aneddoto che non sa nessuno, Nakata quando decise di andarsene, da vero professionista andò in sede della Fiorentina, dicendo di voler andare via, e nonostante la società avesse siglato con lui un contratto molto pesante e dovesse dargli una grande somma come buonuscita, lui non volle neanche un centesimo. Nella mia carriera non ho mai rivisto una cosa simile.

Abbiamo chiesto un racconto anche di Enrico Fantini, che ha diviso lo spogliatoio con Nakata e ci ha raccontato qualche aneddoto particolare:

Nakata era un ragazzo molto intelligente, un giorno si presentò con due scarpe diverse, aveva già uno stile un po' avanti, esuberante. Aveva un fisioterapista personale, era una sua persona di fiducia, anche lui giapponese e lo seguiva in tutto e per tutto dal riscaldamento agli allenamenti settimanali. ogni tanto dava anche una mano ad altri, essendo una persona molto intelligente. ha seguito anche me delle volte. E' sempre stato molto silenzioso e solitario.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Repka, il muro ceco di ghiaccio in campo, ma dall'animo burlone

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Repka

LA STORIA

"So di essere un giocatore duro, ma anche leale con gli avversari.  Quando entro, non voglio fare male a nessuno.  Ne ho fatto a Iuliano, durante la partita con la Juventus, ma involontariamente, e ancora prima di uscire dal campo mi sono scusato con lui", poche righe per descrivere Tomas Repka, il muro ceco. A Firenze storicamente si apprezza molto quei giocatori che in campo sputano sangue per la maglia, e sicuramente il roccioso difensore di Slavicin non si è mai risparmiato in campo.  Il suo arrivo a Firenze già è molto particolare, poiché sembra che sia stato proprio Gabriel Omar Batistuta a segnalarlo alla società viola, dopo averlo affrontato nella Coppa delle Coppe del 96-97. Inizia la sua carriera in patria, dove vince anche due campionati con lo Sparta Praga e una coppa nazionale, prima di arrivare a Firenze nell' estate del 1998, e vestire per  126 volte la maglia viola. Come già accennato, il rapporto tra lui e la tifoseria è subito ottimo, la Fiesole gli crea un coro ad hoc: "Se non ci arriva Toldo c'è repka, c'è Repka", e lui ripagherà questo affetto mettendo in campo sempre quella grinta che il mister gli chiedeva, diventando il vero e proprio baluardo difensivo di Trapattoni, uno stopper di grande livello. Per raccontare ancora meglio il personaggio, dobbiamo riprendere le sue stesse parole, che fanno capire come si fosse davvero legato alla città del Ponte Vecchio: "Firenze e Praga, in fondo, hanno diversi punti in comune. La prima è più raccolta, ma in quanto a bellezza temono entrambe pochi confronti. È per questo che sono innamorato di queste due città." I suoi anni a Firenze sono magnifici, sia dal punto di vista personale, che di squadra; quella Fiorentina vinse al Franchi contro il Manchester United ed espugnò Wembley, battendo l' Arsenal di Wenger e Bergkamp, solo per citare alcune notti indimenticabili.  Per coronare un sodalizio fantastico, Repka vincerà con la Fiorentina la coppa Italia 2001, che è tutt'oggi l'ultimo trofeo vinto dalla Fiorentina (come ci ha orgogliosamente ricordato anche Lele Adani, che ci ha raccontato il difensore ceco e potete leggere le sue parole nella parte dei racconti), disputando due ottime partite contro il Parma.  Purtroppo il ciclone Cecchi Gori colpi anche il muro ceco, che fu venduto per  5,5 milioni di sterline al West Ham, dove giocherà per cinque stagioni diventando anche capitano degli Hammers, ma riuscì a stupire tutti anche nel giorno del suo addio a Firenze, poiché lasciando quella che era diventata la sua seconda casa, non riuscì a trattenere qualche lacrima, mostrando a tutti che anche il più duro dei duri ha un animo sensibile.

DICONO DI LUI

Come già scritto, Violanews ha parlato in con Daniele Adani, ex difensore e compagno di Repka nella coppa Italia del 2001. Ecco  il suo ritratto del difensore ceco:

Tomas era un giocatore che in campo andava guidato, era molto forte fisicamente ed esplosivo. Per fare  un paragone, come tipologia di giocatore del giorno d'oggi direi Manolas, ma aveva bisogno di essere chiamato in campo. Non aveva le conoscenze tattiche  tipiche dei difensori italiani, molte volte era irruento ed un po' istintivo. Aveva capito che era molto importante per lui avere la guida di un compagno di reparto, a volte anche più che dell' allenatore. Era una persona con la quale dovevi entrare in sintonia, con il dialogo giusto, e io l'ho avuto dal primo momento.  Abbiamo avuto un rapporto bellissimo e con lui era fantastico stare in campo. Spesso mi diceva "Lele, chiamami tu, parlami tu", capiva chi poteva guidarlo e chi aveva una leadership sul terreno di gioco. L'ho sempre ammirato tantissimo, era il classico compagno  che si sarebbe buttato nel fuoco per te.  Nonostante quello che si dice, Repka non era male nemmeno con i piedi, aveva un buon passaggio secco e diretto, nulla di eccezionale ma aveva una buona uscita. A volte è stato messo a destra, non era un crossatore, ma aveva una grande corsa e si faceva trovare sempre disponibile. Fuori dal campo era veramente un burlone, tutto il contrario di come poteva sembrare. Si prestava a subire e fare gli scherzi, non voleva passare da zimbello, ma viveva proprio l'aspetto goliardico e ludico del calcio.

Per avere una raffigurazione completa, abbiamo scambiato due chiacchiere anche con Pasquale Padalino, che divise con Tomas la linea difensiva appena il ceco arrivò in Italia:

È sempre stato un giocatore molto ligio ai compiti di marcatura, io giocavo come libero e lui come stopper, negli anni è stato molto bravo a carpire tatticamente molte cose, visto che non aveva le basi dei difensori italiani. Non è mai stato difficile giocare con lui. Fuori dal campo è sempre stato un uomo taciturno, anche se la maschera da duro che aveva in campo non gli si addiceva molto.

Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Amoruso si racconta: "Brividi alla schiena per la Coppa Italia, ma con un po' di fortuna in più..."

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Lorenzo Amoruso

IL RACCONTO

Dopo avervi raccontato Repka , abbiamo fatto una lunga chiacchierata con un altro centrale difensivo che ha scritto un pezzo di storia della Fiorentina, Lorenzo Amoruso, che ci ha aperto le porte della sua carriera, ed in particolare della meravigliosa stagione 95-96, conclusa con la vittoria della Coppa Italia.

Partiamo dall' inizio, visto che stiamo raccontando un giocatore, chi meglio di lei ci può descrivere Lorenzo Amoruso?

"Lorenzo Amoruso è stato un ottimo giocatore, che però doveva sempre essere al cento per cento. Ho sempre avuto un fisico pesante e avevo bisogno di allenarmi al massimo, rispettare una dieta precisa e allenamenti molto mirati alla rapidità e all' esplosività. Il mio fisico mi ha dato tanta fortuna, ma andava allenato in maniera dettagliata e precisa, anche io in campo dovevo avere un atteggiamento di concentrazione massima, nella mia carriera ho fatto figuracce contro avversari  più deboli perchè non c'ero mentalmente. Diciamo che sono stato un gran bel giocatore che però non poteva distrarsi quasi mai. Il mio unico rimpianto non aver mai vestito la maglia della nazionale A, e credevo di meritarmela."

Nell' estate 95 la Fiorentina compra dal Bari due ragazzi che si riveleranno piuttosto importanti, Amoruso e Bigica, che oggi allena la Primavera viola, ci racconti quel trasferimento.

"Io e Bigica venivamo da un paio di anni eccezionali, avevamo fatto una promozione a Bari e nessuno ci avrebbe mai creduto, eravamo giovani e arrivavamo tutti dalla Serie C. Eravamo in una piazza importante ed eravamo in una B molto competitiva e con tante squadre blasonate più accreditate di noi, come la stessa Fiorentina. Non eravamo tra le favorite, ma con grande impegno, e un grande allenatore abbiamo fatto una stagione strepitosa, chiudendo dietro ad una grande Fiorentina.  Poi ci fu un anno in A e facemmo molto bene, dopo di che ci fu l'approdo a Firenze. Quell'estate eravamo partiti che io e Bigica eravamo trattati da Parma e Inter, ma la Fiorentina in maniera più concreta presentò offerte importanti e la trattativa si sbloccò subitò, durò veramente poco."

Quella era una grande Fiorentina, con grandi giocatori e che raggiunse grandi traguardi, com era farne parte?

"Quell'anno insieme a noi arrivarono Serena, Piacentini e Schwarz, e la squadra diventò importante davvero. L'anno prima si era salvata senza correre rischi, nessuno poteva pensare che avremmo potuto lottare anche per lo scudetto in quell'annata. Il vero unico problema è che non avevamo una rosa abbastanza lunga per combattere con Juve e Milan fino alla fine. Avevamo voglia di amalgamarci subito, sia al livello tattico che professionale, era una situazione meravigliosa. Man mano che la stagione andava vanti tutti pensavano che saremmo potuti diventare una squadra da vertice, sempre a quel livello. Abbiamo vinto una Coppa Italia ed una Supercoppa, e sono state emozioni incredibili, ma sono convinto che se avessimo avuto un briciolo di fortuna in più avremmo potuto davvero fare qualcosa di grande..."

Siamo arrivati alla grande cavalcata in Coppa, due semifinali con l' Inter e due finali con l' Atalanta, e ci ha messo anche lo zampino con un gol decisivo...

"Quella Coppa Italia rimane unica, mai nessuno ha fatto una fila di partite senza mai pareggiare,è stata una cavalcata unica e quasi irripetibile. Avevamo l'Inter in semifinale e sapevamo che la vincente sarebbe stata la più accreditata a vincere la coppa, nonostante l'Atalante fosse una buona squadra, siamo scesi in campo con questa convinzione. Con  i nerazzurri giocammo due partite fantastiche, non riuscivano davvero a starci dietro, sia a Milano che a Firenze facevamo delle fantastiche trame di gioco e non concedevamo nulla all'Inter. Era bellissimo perchè ci esprimevamo come Ranieri voleva, e schiacciavamo i nostri avversari. La Finale di ritorno, nonostante avessimo vinto per uno a zero al Franchi, sapevamo che a Bergamo sarebbe stata molto difficile, erano una squadra tosta e con loro è sempre stata una battaglia non facile. Avevamo avuto delle defezioni  ma eravamo talmente concentrati che a mala pena ricordo qualche parata di Toldo in quella partita, riuscimmo a tenere lontani gli avversari dalla nostra area di rigore. Sia io che Padalino avemmo delle ottime occasioni nel primo tempo ma non riuscimmo a concludere. Poi nel secondo tempo con il mio gol la partita divenne molto più semplice, gli avversari lasciarono molti più spazi per Bati, Flachi e Baiano e siamo arrivati al secondo gol e iniziò la festa. Sapevamo di scrivere un pezzo di storia, ma li non te ne rendi conto molto, ma anche adesso sappiamo di aver fatto qualcosa di unico e non facile da dimenticare. Quando rientrammo a Firenze fu bellissimo, lo stadio pieno alle 3.30 di notte, cose da brividi lungo la schiena, non le dimenticherò mai."



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

PERSONAGGI VIOLA – Sghibbe, il magazziniere dal cuore d'oro raccontato dai campioni anni '70

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Sghibbe, storico magazziniere viola

IL RACCONTO

Dopo avervi raccontato personaggi che hanno infiammato la curva per le loro giocate o la loro grinta, o altri che hanno affascinato tutti per il loro carisma, oggi vi raccontiamo Emilio Ferretti, conosciuto da tutti come "Sghibbe", storico magazziniere della Fiorentina tra gli anni settanta e ottanta. A farvi entrare nel personaggio, saranno le parole di alcuni dei giocatori simbolo di quel periodo viola, come Luciano Chiarugi, Claudio Merlo e Claudio Desolati, che con piacere ci hanno raccontato una figura rimasta dietro le quinte, ma che con la sua genuinità è rimasta nel cuore di tutti.

LUCIANO CHIARUGI

Sinceramente il perchè del soprannome non l'ho mai capito nemmeno io. Era un personaggio che rimaneva sempre ai margini, però era fantastico, ci aiutava sia quando si preparava i materiali, sia per le partite. Era sempre taciturno e riservato, ma faceva tante cose senza mai dare nell' occhio. C'era questa figura esile sempre disponibile in tutto e per tutto. Una volta con la Primavera me lo son portato in ritiro, era un premio che gli volevo dare, e lui era felicissimo, si sentiva ancor di più maggiormente considerato. Era quello che sistemava sempre tutto, era la figura del tuttofare, metteva a posto qualsiasi cosa, tutto quello che facevamo cadere lui lo raccoglieva. Era veramente un grande uomo. Mi fa immensamente piacere ricordarlo, era una figura da rispettare nella sua educazione e tranquillità, simpaticissima e che rispondeva solo quando chiamato in causa, che è una grande dote.

CLAUDIO DESOLATI

Per me è stato come un fratello ed un padre, era sempre a disposizione per tutti i giocatori. Quando eravamo tutti insieme non c'era diversità di ruoli, lui e Ernesto (altro magazziniere) erano nostri fratelli. Noi l'abbiamo aiutato, vi racconto un aneddoto, noi all'epoca eravamo sempre vestiti con pantaloni e giubbotti di pelle,  lui mi diceva " Claudio che belli questi pantaloni" e io il giorno dopo gli facevo un pacchettino e glieli regalavo. Poi mi chiamava sempre e mi ringraziava, era veramente fantastico. All'epoca c'erano delle valigie, non delle borse, noi dovevamo solo guardare che ci fosse tutto dentro, poi faceva tutto lui. Sghibbe è rimasto nel cuore di tutti i miei ex compagni, una persona che non si può dimenticare, sempre disponibile e presente, poi per noi è sempre stato bello aiutare le persone. Si preoccupava sempre che ci fosse tutto, chiedeva sempre ed era sempre disponibile e cordiale. Era impossibile non volergli bene. Per noi era parte integrante della maglia viola, e questo ci bastava perché fosse uno di noi.

CLAUDIO MERLO

Era un grosso personaggio, molto particolare. Era sempre scherzoso, noi lo prendevamo sempre in giro. Era sempre vicino alla squadra, sia quando ci dava le scarpe, sia quando lo facevamo giocare con noi, lo facevamo tirare e faceva le rovesciate. No gli volevamo molto bene e lui viveva per la fiorentina, noi lo aiutavamo economicamente. Viveva per la Fiorentina,  dormiva anche nello spogliatoio, noi gli volevamo veramente molto bene. È sempre stato con noi, senza Fiorentina era un uomo perso, poteva stare in mezzo ad una strada.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

PERSONAGGI VIOLA – Dati: "Ho scoperto un nuovo muscolo nella gamba di Batistuta"

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Luciano Dati, storico massaggiatore viola

IL RACCONTO

Ci sono alcuni personaggi che pur non essendo mai scesi in campo rimangono nel cuore di tutti i tifosi viola, e uno di questi è sicuramente Luciano Dati, storico massaggiatore degli anni 90′, ricordato da tutti per la sua genuinità e la sua passione per la maglia viola. Siamo riusciti a farci raccontare qualche aneddoto divertente e qualche storia di quella Fiorentina, forse una delle migliori di sempre.

Iniziamo con una domanda facile, quale giocatore fisicamente l'ha impressionata particolarmente ?

La risposta è scontata, oltre per un fatto affettivo, vista la grande amicizia che ci lega, non posso non dire Batistuta. Ti racconto questa cosa, Bati ha un muscolo all'altezza dell' attaccatura della coscia grosso come un pugno, una cosa mai vista, l'avevo soprannominato "bombetta", perchè tirava certe bombe con quella gamba. In tutta la mia carriera l'ho ritrovato solo in un giocatore del Pietrasanta, tale Gambuzza.

Proprio di Batistuta volevo parlare, ci parli meglio del vostro legame, anche di qualche aneddoto divertente vissuto insieme.

Con Bati c'è sempre stato un rapporto speciale, ancora oggi siamo molto amici e ci sentiamo spesso, almeno ogni 15 giorni. CI scambiamo tante foto, me le mandano i tifosi e io gliele giro. Di storie da raccontare ne ho veramente tante, una molto divertente fu a Bistrita (Andata dei sedicesime di Coppa delle Coppe 1996, Gloria Bistrita-Fiorentina 1-1, ndr). Ranieri ci portò a visitare il castello di Dracula, visto che eravamo in Romania, e girando per le stanza con Bati vediamo una sala che era la camera mortuaria di Dracula e c'era una grande bara in mezzo alla sala. Bati mi guarda e mi dice "Mettiti dentro, che dopo c'è un pullman di tifosi che fa il giro del castello." Io mi misi dentro e aspettai che accendessero la luce per far vedere la sala ai tifosi, saltai fuori da questa bara scoperchiandola, i tifosi morirono, dal ridere si intende. Un' altra volta in trasferta, non mi ricordo dove, in aereo mi misi d'accordo con gli steward, mi avevano dato cappello e giubbotto, mi ero fatto i baffi finti con un pennarello indelebile, e passavo per l'aereo dicendo "Thè,coca cola" ai giocatori. Non mi aveva riconosciuto dopo, quando glielo dissi si misero tutti a ridere a crepapelle, Amoruso, Bati e gli altri.

Ha avuto "tra le sue mani" molti giocatori illustri, che componevano quella Fiorentina, di quale ha sofferto maggiormente la cessione?

Quel periodo era complicato, Cecchi Gori era stato messo in mezzo con quella storie delle azioni, non poteva fare a meno di vendere. Bati fu venduto e anche bene, ma ce lo aspettavamo, così come Toldo e Repka, anche se mi dispiacque molto. La cessione che ho sofferto più di tutti però, anche perchè è stata la più inaspettata, ci siamo rimasti tutti molto male.

Parliamo invece di allenatori, ne ha visti alternarsi tanti e con personalità diverse, chi si è maggiormente imposto, anche nello spogliatoio ?

Lo spogliatoio della Fiorentina, per quei nove anni, è sempre stato in mano a Dati Luciano. Tutti gli allenatori si alternavano, ma il più delle volte quello che parlava con e per la squadra ero io. Andavo dal mister e gli dicevo "mister, mi sa che lui non vuole giocare in quel ruolo" Attenzione non è che facevo la spia, ma ero il più a contatto con i giocatori e loro mi dicevano tante cose, credo sapendo che io poi avrei parlato con l'allenatore. Ranieri, Malesani, Trapattoni, Terim, Mancini e poi l'anno Bianchi-Chiarugi, non ci sono mai stati problemi con nessuno. Nemmeno con Mancini che a Firenze ha ancora qualche detrattore, la Fiorentina gli aveva dato la possibilità di allenare in Serie A per la prima volta e lui si è comportato come un vero professionista, era un perfezionista in tutto e per tutto.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

PERSONAGGI VIOLA – Pin: "Che difficoltà il primo mese con Passarella, Baggio invece..."

Violanews vi propone una nuova rubrica in cui ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Celeste Pin, storico difensore viola.

Il Racconto

Giocare duecento partite con la maglia viola, vedere il calcio cambiare e restare sempre al proprio posto, in mezzo alla difesa. Celeste Pin ha visto passare da Firenze molti giocatori, tanti allenatori, da De Sisti a Lazaroni, da Bertoni a Baggio, e abbiamo deciso di farci raccontare la sua Fiorentina, quella tra gli anni '80 e '90.

Signor Pin, innanzitutto ci faccia una breve descrizione di Celeste Pin calciatore

"Il calcio ai miei tempi era diverso, io giocavo in difesa ma non ci disponevamo in linea, c'era libero e stopper, ed io ero lo stopper, il più avanzato della coppia dei centrali."

Ha disputato in maglia viola 200 partite, ed ha diviso lo spogliatoio con giocatori del calibro di Passerella e Socrates, che ricordo ha di questi giocatori ?

"Prima di tutto voglio dire che al tempo c'era grande comunicazione di gruppo all'interno dello spogliatoio, al giorno d'oggi ognuno tira l'acqua al suo mulino, al tempo ci si concentrava di più sulle necessità gruppo. Adesso che ci sono i procuratori il calcio ed i rapporti tra giocatori sono molto cambiati. Giocare con Passarella è stato molto importante, così come con tutti gli altri grandi campioni. Passarella era capitano della nazionale argentina, un giocatore molto forte, per noi è stato molto importante per crescere. Il primo anno è stato difficile per tutti, soprattutto il primo mese, per la sua rigidità e durezza, poi però è stato molto bello, era davvero "el caudillo". Socrates purtroppo aveva la saudade, aveva tanta nostalgia del Brasile, e questo lo ha penalizzato.  Se parliamo di campo però aveva un tasso tecnico non indifferente, vera classe da brasiliano, non a caso lo chiamavano il "tacco di Dio". Non voleva essere diverso, o mettersi in mostra, solo che con il tacco faceva viaggiare veramente bene la palla, gli veniva naturale."

Invece più avanti con gli anni ha avuto in squadra Roberto Baggio, come ricorda il "divin codino" ?

"Baggio è nato per giocare a calcio, veramente. Lasciando stare un attimo quello che si vedeva la domenica, aveva un dono naturale anche durante la settimana, un dono in più rispetto a tutti. In carriera ha dimostrato tanto, è stato un fenomeno con grande costanza, da ragazzo ha avuto tanti infortuni, si è sempre allenato bene per ritornare ed ha avuto una lunga carriera. Un fenomeno che si è mantenuto nel tempo"

Ha avuto tanti allenatori importanti alla Fiorentina, chi ricorda con maggior piacere?

"Ho avuto tanti allenatori molto bravi, ma se devo scegliere uno su tutti dico De Sisti. Era metà allenatore e metà calciatore, era veramente uno di noi.  Non aveva la rigidità degli allenatori del tempo, era molto elastico ed allenarsi con lui era molto piacevole. A livelli di rapporti e battute pronte era proprio uno di noi, il dodicesimo giocatore in campo."



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

 

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