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Personaggi Viola

Started by Chiesa, 24/11/17, 01:39

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Chiesa

Righetti: "Che risate con Pesaola, indimenticabile la serata di briscola con il paron Rocco"

Violanews vi propone una nuova rubrica. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Raffaele Righetti, storico segretario della Fiorentina.

IL RACCONTO

Sono tanti i personaggi che hanno vissuto in prima persona la Fiorentina, senza scendere in campo la domenica, ed uno di questi è sicuramente Raffaele Righetti, storico segretario della società viola, che ha dedicato la sua intera carriera (come ricordato da lui stesso) alla maglia viola. Ci siamo fatti trasportare dai suoi aneddoti, dal secondo scudetto alle notti con Nereo Rocco, dalle risate del "petisso" Pesaola a "Picchio" De Sisti.

Signor Righetti, lei è un pezzo di storia della Fiorentina, ci racconti il suo rapporto e la sua storia in viola

    Io sono entrato in fiorentina per caso, non mi ero mai occupato di calcio prima. Mi sono diplomato nel '61 al Duca d'Aosta, all' epoca si era formato un nuovo c.d.a. alla fiorentina e Longinotti aveva sostituito Befani. Avevano bisogno di un ragioniere giovane, perché la Lega in quel periodo obbligava a rispettare una contabilità classica a partita doppia, a differenza di come veniva fatto fino ad allora. Mio zio conosceva il vice presidente Ristori, e mi propose alla Fiorentina, fui assunto per fare l'amministrazione, e così ho fatto fino al '68. Dopo di che sono passato alla segreteria, andò via chi c'era e Montanari, il direttore sportivo, di punto in bianco mi promosse a segretario, mi disse "l'importante è che non metta bocca nelle questioni tattiche". Nel '68-'69 ho debuttato con fortuna, perché abbiamo vinto il secondo scudetto. È stato un anno straordinario, non se lo aspettava nessuno. Mi ricordo un Fiorentina-Milan 5-2 per esempio, una partita fantastica. Mi ricordo un rapporto meraviglioso con Montanari appunto e Pesaola, l'allenatore. La sede della Fiorentina all'epoca era nello stadio e ci si vedeva spesso.

Ci racconti meglio questo rapporto con il "petisso", ha qualche aneddoto per noi?

    Prima delle partite passava dalla stanza della segreteria, dove eravamo con Montanari. Lui ed io, io scrivevo le formazioni che mi dettavano per portare il referto poi all'arbitro. I numeri erano ancora dall'uno all'undici, io dicevo il numero e lui il giocatore. Un giorno si arrivò al 10, io senza dire nulla scrissi De Sisiti e lui si mise a ridere e mi disse "allora lo dica che la vuole fare lei la formazione". Ridemmo moltissimo me lo ricordo come fosse ora, il "Petisso" con la sigaretta, è stato veramente un grande allenatore.

Nei suoi anni viola ha visto tanti giocatori passare dalla Fiorentina, quale le è rimasto maggiormenete a cuore, con chi aveva un legame speciale?

    I giocatori che maggiormente mi sono rimasti nel cuore sono due, De Sisti e Antognoni. Picchio è stato un grandissimo giocatore, poi l'ho avuto anche come allenatore ed è stato un rapporto bellissimo con lui. Antognoni invece ci ha davvero illuminati in molti periodi difficili, noi potevamo andare in giro per l' Italia o per l' Europa quando facevamo le coppe e sapevamo che lui ci poteva sostenere e aiutarci.

Ha citato De Sisti allenatore, allora parliamo anche dei tecnici che ha visto susseguirsi in Fiorentina, chi ricorda con più affetto, qualche storia da raccontarci?

    Intanto non posso non citare nuovamente Pesaola, allenatore scudettato e persona fantastica, l'altro di cui voglio parlare è Nereo Rocco, il "paron". Ora se avete qualche minuto ho da raccontarvi una storia divertente. Con Rocco ci fu una cosa molto bella, una volta il "paron" rispose ad un giornalista che gli chiedeva cose sulla formazione e la difficoltà della gara successiva, lui si arrabbiò e lui rispose "ma cosa credete, semo la Fiorentina mica il Poggibonsi". Il giorno dopo mi chiamò il segretario del Poggibonsi, e mi disse, "Sappiamo che non possiamo competere dal punto di vista del calcio, ma sappiamo anche che a briscola il paron Rocco è un gran giocatore,quindi  vogliamo sfidarlo". Io lo dissi a Rocco e lui rispose subito "Chiaro che andemo". Andammo in questa casa bellissima del presidente del Poggibonsi, aveva preparato una cena magnifica e ad un certo punto il Paron organizzò la sfida. "Prima presidente e segretario contro due di voi, poi io e Mazzoni", aveva fatto le coppie e preparato le partite . Avevo il paron che mi parlava nell'orecchio e mi diceva "se vincemo niente rivincita", fantastico. Noi vincemmo subito, anche grazie alle carte, che ci girarono benissimo. Quindi poi toccò al Paron e riuscì a vincere anche lui, e iniziò ad esultare "semo più forti anche a briscola, semo fortissimi". Fu una serata fantastica, mi sono divertito tantissimo, non me lo dimenticherò mai.

Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Desolati: "Che emozione lo stadio in festa per il mio gol alla Juve. Con Antognoni e De Sisti..."

Violanews vi propone una nuova rubrica. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Claudio Desolati, storico attaccante viola degli anni '70

IL RACCONTO

Più di centocinquanta partite con la maglia viola, oltre 40 gol segnati ed una Coppa Italia vinta da titolare, questo e molto, molto altro è stato per la Fiorentina Claudio Desolati, attaccante viola degli anni '70. Abbiamo ripercorso con lui tutta la sua avventura in viola, dagli inizi ai trionfi, passando per compagni e allenatori.

Desolati, lei cresce nelle giovanili del Genoa, poi passa in viola e scoppia l'amore, ci racconti un po' i suoi inizi e che calciatore era

Ero un ragazzino di 16 anni che  arriva alla Fiorentina, potete capire da soli la mia situazione, chiaramente non è facile. Ero molto timido, mi sono messo subito a disposizione di mister Liedholm, ma per farvi capire io davo del lei ai giocatori più esperti come De Sisti, ero abituato a dare del lei alle persone più grandi di me. A tutt'oggi devo ringraziare tutti i miei ex compagni, Chiarugi, De Sisti e via dicendo, che mi aiutarono quando arrivai alla Fiorentina. Cercavano sempre di darmi una mano e mi facevano sentire uno di loro. Quando sbagliavo mi aiutavano e mi correggevano, mi hanno fatto diventare un uomo. Come calciatore invece una cosa buona che avevo è che capivo cosa volevano i giocatori che avevo accanto, giocavo per gli altri, sapevo tutti dove volevano il pallone, chi accorciava e chi saliva. Era un calcio diverso, non essendoci più oggi lo stopper, la punta è molto più libera, giocando a zona i giocatori non vengono più marcati.

Arriviamo al grande traguardo in viola, la coppa Italia '74-'75, che ricordi ha di quel trionfo?

Ogni trofeo è bello, l'importante per noi era giocare. Io ero contento di vedere tutta la gente che si abbracciava allo stadio, quella è sempre stata la cosa più gratificante. Anche il gol che ho fatto contro la Juventus mi è rimasto impresso, perché vedere la gente che si abbraccia è un'emozione unica. Vincere una finale contro il Milan 'è stato meraviglioso, una partita da incorniciare. Si fece male Roggi, entrò Rosi e fece il gol della vittoria, potete solo immaginare il nostro stato d'animo. Entra al quattordicesimo e fa gol, una cosa molto bella, che posso ricordare finché campo. Poi si giocava contro una grandissima squadra e nello stadio di Roma gremito. Per noi giovani era indescrivibile, vincere era il nostro dovere, volevamo dare il massimo per la società e per noi. Ai tempi si era capitale della società e si doveva dare il massimo per essere confermati, arrivava in ritiro il direttore sportivo e si firmava, magari si poteva chiedere qualcosa in più, ma solo con un grande stagione. Io ebbi delle richieste, nel 77 dall'Inter, ma io volevo rimanere alla Fiorentina, infatti sono stato molto felice di non esser stato ceduto dalla società. 

Parliamo dei suoi compagni viola, da Antognoni a De Sisti ha condiviso lo spogliatoio con grandi giocatori, che ricordi ha?

Io e Antognoni eravamo molto giovani quando giocavamo insieme, avevamo Superchi, Scala e tantissimi grandi giocatori che avevamo intorno, che erano per noi anche dei fratelli. I più esperti ci seguivano passo passo, soprattutto a 16 anni, erano quasi dei padri per come si comportavano con noi. Ci davano sempre una mano quando sbagliavamo, non come si fa adesso. L'idea di vincere tutti insieme era molto più forte prima, tutti volevano il bene di tutti. Anche a me non è mai cambiato nulla se i gol li facevo io o qualcun altro, l'importante era la squadra.

Ha avuto anche grandi tecnici, Da Radice a Liedholm passando per Rocco, cosa ricorda dei suoi mister?

Ogni allenatore aveva le sue qualità, ne ho avuti molti bravissimi. Liedholm era un personaggio unico, in ritiro lui dal venerdì alla domenica non si vedeva, aveva paura di crearsi una brutta area intorno, di metterci sotto pressione. Lui ci diceva sempre "è il campo che comanda", ci allenava ma ci ricordava sempre che poi era la domenica a parlare, veramente un grande mister oltre che uomo. Rocco è venuto a Firenze dopo la sua epoca nel Milan, ma un giocatore si ricorda sempre degli allenatori che gli sono stati dei padri, che magari ti rimproverano anche,ma sempre per cercare di migliorarti. Radice invece, che tutti chiamavano sergente di ferro, ma a me piaceva molto, aveva il suo metodo molto rigido, questo è vero. Lui il sabato sera passava per le camere d'albergo a dire a tutti cosa avrebbero fatto la domenica, a chi giocava gli spiegava le richieste tattiche, e a chi non giocava spiegava il perché con grande lucidità. Ora non succede più, ti dava sempre motivazioni valide, ti dava l'idea di considerarti sempre.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Padalino: "Che emozione giocare al Camp Nou la Coppa dei Campioni, indimenticabile il ritorno dopo la vittoria in Coppa Italia"

Violanews vi propone una nuova rubrica. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Pasquale Padalino, grande difensore viola degli anni '90

IL RACCONTO

Pasquale Padalino è stato uno di quei giocatori di cui difficilmente ci si dimentica, roccioso difensore degli anni '90, che in viola ha vinto la Coppa Italia '95-'96 e giocato la Coppa dei Campioni, dando sempre il massimo in campo, facendo parte di quella che forse è stata la più iconica Fiorentina di sempre.

Signor Padalino, ci racconti com è stato per lei, dopo due anni a Lecce e Foggia, arrivare alla Fiorentina

    Sicuramente è stato un periodo molto emozionante. Arrivavo da due squadre importanti, una come il Foggia che è la squadra della mia città e mi ha fatto arrivare al grande calcio attraverso anche realtà più piccole, mi hanno formato molto e mi hanno dato la possibilità di conoscere stadi importanti come Firenze in primis e poi tutti quelli meravigliosi visti a livello europeo.  Ho giocato con grandi compagni e avuto allenatori bravissimi, è stato veramente un periodo fantastico. 

Facciamo una piccola digressione per parlare del suo ruolo, il libero, che sta scomparendo dal calcio di oggi, cosa ne pensa ?

    Il libero non è scomparso, sono scomparsi alcuni tipi di giocatori, e altri che oggi giocherebbero con alcuni arti in meno. Eravamo tanti prima, io, Amoruso, Nesta, Cannavaro, Montero stesso,c'era più attenzione alle diversità, si creava una squadra in base alle caratteristiche dei giocatori. Oggi in quel ruolo ce ne sono pochissimi, soprattutto quelli bravi, ma in realtà alla base non c'è una costruzione del difensore. Ci sarebbe da fare un discorso lungo, sulle scuole calcio e sugli istruttori, che forse sono il vero problema. Non c'è stata evoluzione nel ruolo, ora qualche difensore prova a giocare con i piedi, ma perchè gli viene chiesto dall' allenatore io lo facevo di mio, e lo stadio si teneva il cuore per paura (ride, ndr).

Andiamo al successo più grande conseguito con la Fiorentina, la Coppa Italia vinta, ci racconti cosa ricorda di quel trionfo.

    La prima cosa che mi viene in mente è il ritorno allo stadio pieno di gente. Avevamo aspettato molto nello stadio di Bergamo perché fuori c'era un po' di confusione, e non ci volevano far uscire. Il ritorno a Firenze è il ricordo più indelebile che ho legato a quegli anni magnifici, insieme alla Coppa Campioni giocata al Camp Nou, sono emozioni che non si dimenticano. L'abbraccio di tutti i quaranta mila o quanti erano alle 4 del mattino è stato bellissimo, regalare con i miei compagni una grande soddisfazione ad una piazza che all' inizio era un po' scettica, anche è perché non erano arrivati giocatori di grandi nome, è stato fantastico.

Nella sua esperienza viola ha avuto grandi compagni e grandi allenatori, con chi aveva legato di più o di chi ha ricordi più indelebili  ?

    Tra i compagni c'era molta affinità con Bigica, Amoruso, Bati e Rui, oltre a Carnasciali. Sono passati tanti grandi giocatori, non voglio fare torti a nessuno, ma il nucleo, il gruppo storico è quello con cui abbiamo diviso tante gioie e dolori. Mister ne ho avuti tre e sono stati tutti molto importanti, Ranieri, Malesani e Trpattoni, ognuno con caratteristiche diverse mi ha aiutato molto. Ranieri era veramente un bravo oratore, dava grandi consigli sia tecnici che sulla parte umana. Malesani era più pragmatico, un animale da campo, lo abbiamo avuto forse in un momento dove non aveva la piena esperienza per rendere il massimo in una grande squadra. Trapattoni era più esperto, lavorava meno sul campo, ci lasciava più liberi ma gestiva benissimo i rapporti tra giornalisti e spogliatoio. Tre allenatori diversi, tutti e tre grandi e tutti e tre mi hanno aiutato molto.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Robbiati e i gol dalla panchina: "Ecco qual era il mio segreto. Ranieri un maestro perché..."

Violanews vi propone Personaggi Viola, una nuova rubrica che ogni settimana racconta sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Anselmo Robbiati, attaccante degli anni '90

IL RACCONTO

Giocare nella Fiorentina strepitosa di metà anni novanta, quella di Batistuta e Rui Costa, sarebbe stato difficile per tutti, figuriamoci per un ragazzo arrivato dal Monza, che però si è messo a disposizione del mister e della squadra, e con il soprannome di "Spadino" riusciva a cambiare il volto di una partita toccando pochi palloni, o giocando solo pochi minuti. Stiamo parlando di Anselmo Robbiati, che ci ha raccontato la sua esperienza in viola, dalla panchina ai successi, dai gol al rapporto con Ranieri.

Robbiati, le chiedo per iniziare di descriverci che calciatore è stato, sopratutto nel suo arrivo a Firenze.

    Ero un giovane calciatore che si apprestava ad arrivare in una grande società, prima avevo giovato solo nel Monza in Serie C e B. Dalla mia parte avevo una grande motivazione e molto entusiasmo, avevo tanta voglia di realizzare il mio sogno, ovvero di giocare in serie A e per una grande squadra come la Fiorentina.

La caratteristica che tutti i tifosi si ricordano di lei è quella di riuscire a cambiare le partite da subentrate, come ha vissuto questa situazione?

    All'inizio quando un giocatore viene lasciato fuori c'è sempre rammarico per le decisioni, poi deve essere consapevole che in un gruppo con tanti giocatori di grande valore, come era quella Fiorentina, anche l'allenatore deve fare le sue scelte. Questa rabbia di non giocare riuscivo a trasformarla in energia positiva e riuscivo ad essere determinante dalla panchina, poi con il fisico esile e leggero riuscivo sempre ad entrare bene e subito nel match, quella è stata la mia fortuna. Con il tempo mi sono focalizzato su questa cosa vedendo che le cose andavano bene, mi ci sono concentrato. Avevo un allenatore che mi conosceva e mi utilizzava quando sapeva che ero al massimo, anche dall'inizio, avevamo stabilito un grande rapporto. 

Arriviamo ai successi con la Fiorentina, con la Coppa Italia e la Supercoppa italiana come apici, e lei ha anche giocato le finali, ci racconti i suoi ricordi.

    Sono ricordi bellissimi, mi hanno dato grandi soddisfazioni e grandi emozioni. Ricordo con grande piacere anche la Serie B vinta mi ha dato grande soddisfazione, eravamo giovani e per noi è stato molto bello, anche se una serie B non è quello che a Firenze la gente si aspetta. Le due coppe, specialmente la Coppa Italia, sono momenti di grande emozione, mi ricordo che la  prima finale contro l'Atalanta la giocai titolare, nella gara di ritorno invece entrai in corso. L'adrenalina dei momenti successivi alla vittoria, e quella di vedere tutta la città ad aspettarci è indimenticabile, bellissimo. Ci scortarono dall'aeroporto, c'era un cordone di tifosi che ci accompagnava, poi lo stadio pieno, una cosa di quelle che non si dimenticano mai. La supercoppa è un bel ricordo anche quello, ma la Coppa Italia è indelebile perchè erano tanti anni che a Firenze non veniva portato un trofeo.

Volevo concentrarmi ora su quelli che sono stati i compagni, sia di reparto che in generale, che le hanno lasciato un ricordo più forte nei suoi anni a Firenze.

    Mi ricordo ben volentieri tutti, ho avuto sempre un bel rapporto con tutto lo spogliatoio. Da quei campioni ho colto molto cose che mi hanno fatto crescere e migliorare. Sicuramente Rui e Bati, che per noi giovani erano esempi, dimostravano grande voglia di migliorare, in allenamento erano sempre presenti e trascinavano tutto il gruppo. Effemberg, nonostante a Firenze non abbia lasciato un grande ricordo, per me è stato un grande giocatore, aveva un carattere difficile, però era molto forte, così come lo stesso Edmundo. Con tanti giocatori così forti e diversi però puoi imparare da tutti, è stata una grande fortuna.

Prima mi accennava al rapporto con gli allenatori, le chiedo di approfondire questo aspetto, con chi ha avuto un rapporto più stretto, o chi semplicemente ricorda con più affetto?

    Quello con cui ho avuto il rapporto migliore è stato Ranieri,con lui ho passato quattro anni belli ed importanti, mi ha fatto venire a Firenze, mi conosceva bene, sapeva i momenti in cui schierarmi e come,dall' inizio o da subentrante. Si era stabilito un rapporto bello con lui. Malesani e Trapattoni li ho vissuti solo un anno, ma anche con loro sono stato bene, però con Ranieri c'era un rapporto diverso.

Iacopo Nathan
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Chiesa

Malusci: "Pioli come un fratello maggiore. La Coppa Italia '96..."

Violanews vi propone una nuova rubrica. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Alberto Malusci, difensore viola degli anni '90

Alberto Malusci, per tutti "Giovane Malusci", è stato un difensore centrale, idolo della Fiesole in anni viola difficili, toscano doc e cresciuto nel vivaio della squadra viola, arrivando dagli allievi a vincere una Coppa Italia.

Signor Malusci, ci racconti del suo inizio nella Fiorentina, dalle giovanili alla prima squadra.

    Nasco nelle giovanili nella Fiorentina, ho giocato un anno con i giovanissimi e tre negli allievi, con Claudio Piccinetti come allenatore. Sono cresciuto molto in quegli anni, sia dall'aspetto calcistico che caratteriale. L'approdo in prima squadra è stato una soddisfazione immensa, ero cresciuto nelle giovanili ed ero arrivato a giocare con i grandi. Ero il raccattapalle a grandi campioni e poi mi ci sono trovato a giocare insieme, un emozione unica.

Parliamo del soprannome, "Giovane Malusci", cosa vuole dire per lei e quanto è stata importante per lei ?

    Giovane Malusci è nato perché ho esordito a 17 anni, sentire la curva Fiesole che inneggiava il mio nome è una grandiosa soddisfazione, indimenticabile. Il primo anno che ero in prima squadra ci fu l'addio di Baggio, Firenze cercava un idolo (ride ndr), e videro in me un giovane a cui potersi attaccare, per me fu un grandissimo orgoglio, essendo io cresciuto nella Fiorentina.

Passiamo alle soddisfazioni in maglia viola, la coppa Uefa sfumata e la Coppa Italia vinta.

    Giocare la Coppa Uefa '89-'90 è stata una bella soddisfazione, anche giocare la finale contro la Juventus, nonostante il risultato, è un grande ricordo. Quella Coppa italia è arrivata a fine di un anno bellissimo, facemmo bene sia in campionato che in coppa. Quell' anno eravamo 22 titolari in quella rosa, avevamo una squadra da campionato e tanti altri che giocavamo in coppa, eravamo coinvolti e quella coppa me la sento tanto anche mia, ho giocato la semifinale a Milano con il magnifico gol di Bati e la finale a Bergamo. Quella vittoria ha lasciato in quel gruppo un grande ricordo perché eravamo tutti coinvolti, Ranieri fu molto bravo a fare del turnover in maniera eccellente, schierava sempre chi era più pronto e stava meglio. 

Parliamo dello spogliatoio, essendo arrivato molto giovane in prima squadra, chi l'ha maggiormente aiutata ad ambientarsi?

    Quando sono arrivato in prima squadra mi prese Pioli sotto la sua ala e mi adottò come fratello minore, mi raccontava le difficoltà che avrei affrontato durante la carriera, mi spiegava i momenti difficili che avrei dovuto affrontare. Fu importantissimo per me, avevamo circa sette anni di differenza.  Mi diede molti consigli importanti, fu il primo che mi prese sotto la sua ala, per me era davvero un fratello maggiore. Poi Pin e Faccenda mi hanno aiutato molto, ma Di Chiara, Inchini, Battistin, e molti altri erano giocatori importanti che mi fecero crescere.  Dalla mia parte, invece io presi Cristiano Zanetti, che era un classe '77 sotto la mia ala, così Amoroso o Di Giani, sono ragazzi che ho visto crescere e sapevano che avevano in me un punto di riferimento, così come lo stesso Flachi.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Lazaroni raccontato dagli ex allievi: "Le sedute musicali, la sfuriata col Genoa e..."

Violanews vi propone la rubrica Personaggi Viola. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Sebastiao Lazaroni, allenatore brasiliano di inizio anni '90

IL RACCONTO

Sebastião Lazaroni è sicuramente un personaggio unico, che ha lasciato un ricordo in tutti i tifosi viola. Allenatore della Fiorentina per una stagione, 1990-1991, e poco di più prima di essere sostituito da Radice, approda in viola dopo aver guidato la nazionale brasiliana al mondiale Italiano, avventura conclusa agli ottavi dopo il gol di Caniggia e l'eliminazione per mano dei cugini argentini. Si trova una Fiorentina senza Baggio, appena passato alla Juventus, e concluderà la stagione al dodicesimo posto. Il personaggio però viene ricordato anche per le parodie che la storica "Gialappa's Band" faceva di lui e del suo divertente modo di parlare. Per farci raccontare più nel dettaglio abbiamo parlato con tre giocatori di quella Fiorentina, Pin, Malusci e sopratutto Di Chiara, che ha rivoluzionato il suo gioco con il mister brasiliano.

Celeste Pin

    Lazaroni era il  classico allenatore sudamericano, sempre allegro, anche nel modo di lavorare. Mi ricordo il suo preparatore atletico, si chiamava Luiz Henrique, che anche lui aveva un sistema di lavoro tutto suo, ma sempre con il sorriso. La sua avventura alla Fiorentina non è stata facile, sicuramente all'inizio di un percorso tutto è concesso, poi però con l'arrivo delle sconfitte qualcosa si è incrinato, anche con i media e lo spogliatoio, dopo di che è  sicuramente cambiato l'atteggiamento. La situazione è stata strana, direi quasi double face. Molto particolare era il riscaldamento con la musica, che per noi europei era una cosa molto strana, mentre per i nostri compagni sudamericani era la norma. Lazaroni, come tutti i sudamericani , aveva la mentalità di segnare un gol in più dell' avversario, non di subirne uno in meno.

Alberto Malusci

    Il grande Sebastiao aveva una parlata molto simpatica. L'anno prima fece il Mondiale, mi ricordo che vidi la nazionale brasiliana quell'estate e poi me lo ritrovai ad allenarmi. Sicuramente come allenatore portò grandi innovazioni, per esempio fu lui a spostare Di Chiara a fare tutta la fascia sinistra. Stravolse l'andamento della Fiorentina, si rapportava molto bene con noi, era cordiale e molto per bene. Mi ricordo di una grossa discussione con lui. Giocavamo contro il Genoa, e all'epoca i difensori sono divisi tra libero e stopper, io mi trovavo meglio a fare il libero. Mi mise a marcare Skuhravý, che era una bestia nera per la Fiorentina, vincevamo 2-1 e a pochi minuti dalla fine lui fece gol. Io che lo marcavo ci rimasi male perché non riuscivo a contrastarlo. Avevo 18 anni, dopo la partita gli dissi in maniera molto alterata che non volevo fare più quel ruolo, lui se la prese e gli ultimi due mesi di stagione, mettendoci anche la pubalgia che mi perseguitava, non mi fece più giocare. Però lo ricordo comunque con grande affetto, era una grande persona, le cose di campo passano.

Alberto Di Chiara

Tra i vari allenatori che ho avuto in carriera, forse è stato il più importante. Mi ha cambiato ruolo e per me è stata fondamentale quella mossa. Grazie a lui sono diventato un terzino fluidificante e grazie a quella scelta sono andato in Nazionale e poi ho costruito tutta la mia carriera. Sotto quest' aspetto lo devo ringraziare molto. Come allenatore era molto particolare, con la mentalità brasiliana, sempre molto allegro, aveva la caratteristica che portava tranquillità nel gruppo. Cercava sempre di stare attento alle peculiarità di tutti, e mi ricordo che cercava sempre ritiri con i campi da tennis, che era una sua grande passione. Giocava con il classico modulo brasiliano che era un 3-5-2, con il terzino di tutta fascia, che è stato poi anche il modulo del Parma di Scala. L'ho avuto un anno a Firenze, in un campionato che abbiamo concluso nella media, anche se ci siamo tolti qualche soddisfazione. C'erano ancora i numeri fissi, e per me il cambio radicale fu quando dall'11 mi diede il 3, che poi ho portato per altri sei o sette anni. 

Iacopo Nathan
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Chiesa

Baiano: "Mi opposi alla cessione al Milan, con Bati invece..."

Violanews vi propone la rubrica Personaggi Viola. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Ciccio Baiano, attaccante viola degli anni '90

IL RACCONTO



Francesco Baiano, per tutti Ciccio, ha giocato più di 120 partite con la maglia della Fiorentina, facendo parte di un gruppo storico, che regalato ai tifosi viola ricordi indimenticabili come la Coppa Italia '95 e la seguente Supercoppa Italiana.

Signor Baiano, dopo diverse esperienze tra cui spicca quella al Foggia, arriva alla Fiorentina nel '92, ci racconti come è stato.

    In quel periodo su di me c'erano tante squadre, in primis il Milan, che mi aveva fatto comprare dalla Fiorentina visti i buoni rapporti tra Berlusconi e Cecchi Gori, per prelevarmi la stagione successiva. Però dopo il primo anno a Firenze, nonostante non fosse andato bene, sono voluto rimanere alla Fiorentina, perché è una piazza importante e ambiziosa. Io volevo rimanere a Firenze a giocare, non volevo andare a Milano a stare in panchina, anche perchè prima dell' infortunio ero nel giro della nazionale. Il mio rapporto con Firenze ed i tifosi è sempre stato straordinario, fin dal primo momento. Io ho sempre dato tutto per la maglia, e i fiorentini se ne sono accorti.

Parliamo delle soddisfazioni, delle vittorie in maglia viola, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana.

    I ricordi quando si vince è normale che rimangano indelebili. Eravamo un gruppo fantastico, si stava bene insieme e ci si rispettava. C'erano grandi giocatori, veri fenomeni, e alla fine abbiamo raggiunto degli obbiettivi tramite il sacrificio ed il lavoro. Quando vinci a Firenze a è diverso, è più bello. Quello che contava era dare gioia alla tifoseria, che non ci ha mai mollato nei momenti difficili, perché ce ne sono stati tanti, e noi volevamo ripagarli. 

Ha fatto parte di un gruppo fantastico, con tanti fuoriclasse, uno su tutti Batistuta. Come è stato il vostro rapporto ?

    Con Bati c'è stato subito feeling, è nata subito la scintilla. Noi eravamo amici anche fuori dal campo, ci frequentavamo anche nella vita, è stato tutto naturale. Io arrivavo da due anni a Foggia dove avevo fatto 38 gol, ma quando mi sono trovato davanti un giocatore così mi sono messo a disposizione totale. La cosa più importante era la squadra, il mister mi aveva spostato a fare la seconda punta dopo anni di centravanti, ma li c'era Bati, uno dei più forti del mondo, mi sono messo a sua disposizione. Concretizzava tutto il lavoro che la squadra faceva, e noi gli davamo sostegno massimo.

Parliamo degli allenatori, ne ha cambiati tanti il primo anno, poi ha avuto Ranieri, come è stato il rapporto con tutti loro?

    Il primo che ho avuto è stato Radice con il quale ho avuto un rapporto magnifico, ho ancora un ricordo strepitoso. Quando Cecchi Gori lo mandò via ci fu la catastrofe, eravamo terzi in classifica, arrivò Agroppi e poi  Chiarugi. Quella è stata una scelta senza logica e motivo, quelle situazioni senza capo né coda. Il gruppo era totalmente con Radice, venuto a mancare lui ci è mancato un pilastro importante e non ci siamo più ripresi. Da quell'esonero la squadra non si è più ripresa e siamo arrivati alla retrocessione. Poi arrivò Ranieri e giustamente vincemmo subito la Serie B, avevamo una grande squadra per quella categoria, e da lì siamo ripartiti con le nostre ambizioni e ci siamo tolti delle soddisfazioni. Con Ranieri c'è sempre stato un grande rapporto, mi fece anche capitano nel corso degli anni.

Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

Chiesa

Carnasciali: " Per la Fiorentina rifiutai Inter e Lazio. Ritorno da Bergamo indimenticabile"

Violanews vi propone la rubrica Personaggi Viola. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Daniele Carnasciali, difensore viola degli anni '90

IL RACCONTO

Daniele Carnasciali è uno di quei giocatori entrati di diritto nel ricordo di tutti i tifosi della Fiorentina, toscano di nascita, con oltre 140 presenze con la maglia viola, con la quale ha vinto Coppa Italia e Supercoppa Italiana tra il '95 ed il '96.

Signor Carnascilai, dopo tante esperienze arriva alla Fiorentina, come è stato per lei arrivare in viola?

    Ho ricordi molto belli, sono state sensazioni molto positive. Arrivavo da un campionato di Serie B vinto con il Brescia, e mi cercarono molte squadra, tra cui Inter e Lazio, ma quando arrivò la richiesta della Fiorentina non ho avuto più dubbi. Mi ricordo che salirono Luna e Casasco a Brescia, ed in poco tempo sistemammo tutto. 

Ci racconti allora anche dell' ambientamento in quello spogliatoio.

    L' ambientamento fu semplice, riuscii ad entrare subito nello spogliatoio. C'erano tanti bravi giocatori ma soprattutto bravi ragazzi, eravamo un bel gruppo. Batistuta aveva fatto solo 6 mesi, era arrivato il novembre prima, stava iniziando ad affermarsi e far vedere il campione che poi sarebbe stato, ma era ancora un ragazzo. Legai subito con tanti ragazzi, come Pioli, Iachini o Faccenda. Eravamo un bel gruppo ed i primi mesi i risultati erano dalla nostra, anche se poi purtroppo arrivò la retrocessione.

Parliamo dei successi che ha ottenuto in viola, tra cui la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana.

    Tralasciando la retrocessione, il primo anno per me fu importante perché riuscii ad ottenere la mia prima convocazione in Nazionale. L'anno dopo giocammo la serie B, abbiamo vinto subito il campionato, ma non era nè facile nè scontato, perché la B è sempre tosta, è un campionato molto difficile. Quel  successo è stato l'inizio di un grande percorso che abbiamo vissuto tutti insieme. Siamo arrivati terzi a pari merito con la Lazio, anche se quell' anno andavano in Champions solo due squadre, Bati è diventato un top player, in più c'erano altri grandissimi giocatori come  Rui Costa e Schwarz. Non dimentichiamo che in quegli anni tante squadre spendevano tanti soldi, oggi quella squadra  sarebbe da primi posti della classifica.  Delle vittorie il ricordo più indelebile è il ritorno da Bergamo, è stata una soddisfazione incredibile, da nessun' altra parte d' Italia sarebbe potuta succedere una cosa del genere, uno stadio pieno alle 4 di notte.

Parliamo degli allenatori che ha avuto in viola, a chi è più legato ?

    Radice è il premo che ho avuto e mi ci sono trovato subito bene, mi ha dato fiducia dall' inizio nonostante arrivassi solo da un campionato in Serie B. Comunque io mi sono trovato sempre bene con gli allenatori che ho avuto, anche con Agroppi, non posso dire il contrario. Probabilmente tutti gli allenatori hanno visto che ho sempre dato il massimo in campo. Per Ranieri parla la carriera strepitosa che ha fatto, aveva un rapporto fantastico con noi, è stato molto importante.



Iacopo Nathan
- AMORE MIO - LA LUCE DEL MATTINO

 

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